martedì 21 febbraio 2017

Sfida alla New Economy: la missione impossibile della sinistra progressista

Ammettiamolo, la storia di questa scissione è politicamente incomprensibile. Inutile nascondersi, non si parla di contenuti, proposte o visioni, ma solo di "modi", di atteggiamenti da tenersi tra l'altro solo tra compari. Si, perché se si parlasse di modi per raggiungere degli obbiettivi avremmo una discussione, e invece la discussione non c'è. Resta solo la costernazione di chi da fuori non può capire.
Voglio essere chiaro, dopo aver votato Si al referendum, credevo che questa "crisi interna" fosse una benedizione, un momento dove aprire una discussione programmatica e rispondere alle sfide che il mondo ci mette davanti (sopratutto a noi progressisti), cercando magari di discutere le convinzioni del leader. Di materiale ve ne è molto, e sarebbe stato fantastico trascinare un sacrosanto dibattito interno sui metodi, in uno sui contenuti, discutendo sul come raggiungere cosa, volendo anche senza mettere sul banco degli imputati le azioni di governo.
Si poteva tirare una linea bianca, poche cose perseguibili a cui tendere per dare una risposta immediata a quel mondo progressista al quale sento di appartenete, sfidando quegli schemi consolidati a cui Renzi, nonostante le premesse, sembra essersi particolarmente affezionato.
Dico questo, perché il volo (pindarico) in California "per imparare dai più bravi come creare occupazione, lavoro, crescita nel mondo che cambia" (cit. blog MatteoRenzi) è la tipica risposta renziana che la sinistra che si dice progressista dovrebbe in fase congressuale contestare.
Non si vola da aziende multimilionarie per imparare come frodare le più importanti democrazie occidentali, strappando chissà quali consigli, e magari promesse di investimenti che assomigliano a mance pre o post elettorali. Invece di contestare la loro straordinaria capacità di frodare, sfruttando divisioni e cavilli, si discuta di come imbrigliare queste realtà alle volontà di sistemi democratici (anche sovranazionali, la cui azione redistribuiva sarà sempre migliore di una qualsiasi azione filantropica), o ad esempio si spenda tempo per incontrare gli ordini provinciali degli archetetti che si misurano quotidianamente con procedure di rimborso per i terremotati invece di correre da Renzo Piano, si provi a comprendere la complessità delle problematiche quotidiane con cui un'impiegata si trova da sola ad affrontare, per coincidere il tempo per la famiglia con il lavoro, offrendo qualche soluzione tremendamente concreta.
Oggi, la vera sfida della sinistra progressista è quello di iniziare a contestare i privilegi costruiti della new economy, su cui la stessa sinistra ha costruito le proprie convinzioni negli ultimi vent'anni, raccogliendo forse troppi consensi tra i privilegiati, nella errata convinzione che le briciole della cavalcata verso la ricchezza della Neweconomy sarebbero bastate per regalarci benessere.  La Siliconvalley in ogni dove, è una favola che ormai in troppi pensano avere una brutto finale.
E' il momento di iniziare a riflettere attentamente su cosa la sinistra vuole tutelare. Lavoro e Redistribuzione prima di tutto, non in senso egualitaria, ma democratico, in cui non esistono diritti acquisiti, ma solo doveri che rispettati offrono opportunità e premi. "Ormai troppo spesso in Italia  vogliamo tutto. Nessuno è più educato a pensare che per avere qualcosa prima devi essere disposto ad offrire qualcos'altro in cambio" (cit. Piero Angela). Stiamo per addentranci in un Era in cui tecnologia e lavoro non sono pù sullo stesso piatto della bilancia. La tecnologia sta bruciando lavoro nell'indifferenza della Politica con conseguenze terribili: il dibattitito sulla tassazione dell'utilizzo dei robot, o la tutela dei dati personali da considerarsi una vera e propria risorsa naturale (tassazione dei big data) sono i nuovi argomenti su cui impostare una campagna riformista.
La sinistra democratica deve superare la sua stella polare di Blairiana memoria: quella "terza via" a cui Renzi sembra condannare il proprio partito. Sappiamo già che non funzionerà, perché finirà per aumentare la disuguaglianza, la frustrazione e la disillusione. Per questo mi sarebbe piaciuto che la minoranza si dimostrasse capace di offrire una lettura realmente moderna e sfidante anche per le convinzioni del leader, all'interno del partito, dalle quali costruire un futuro ambizioso. Invece nulla. Rinunciamo a tutto. Tutti offesi, nessuno chiederà scusa. E Noi progressisti perdiamo, ancora una volta.

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